Acquisto vendita compro vendo dipinti quadri 12 Noè Bordignon

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 Bordignon Noè (Castelfranco Veneto, 1841 – San Zenone degli Ezzelini, 1920). Diplomatosi nel 1865 all’Accademia di Belle Arti di Venezia seguendo gli insegnamenti di Michelangelo Grigoletti, Carlo De Blaas e Pompeo Marino Molmenti, grazie ad una borsa di studio governativa è a Roma fino al 1868, prima di un breve soggiorno a Firenze, dove entra in contatto con i Macchiaioli. Al suo rientro nella natia Castelfranco e a Venezia, dove apre uno studio, numerosi sono subito i lavori affidatigli, soprattutto nell'ambito della decorazione d'interni di chiese (Resurrezione della Carne, 1874, parrocchiale di Pagnano d'Asolo; Gloria di S. Nicolò vescovo, 1877, parrocchiale di Monfumo; Gesù Figlio di Dio, 1877, parrocchiale di Montaner), ma anche in opere da cavalletto (La mosca cieca, 1879 - dipinto di proprietà delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, dove ora si conserva, ma per decenni lasciato in deposito presso la Civica Raccolta Comunale di Castelfranco Veneto). Tra le sue opere maggiori in affresco, il michelangiolesco Giudizio Universale, parte del ciclo dipinto per la chiesa di San Zenone degli Ezzelini (1869-1882), mostra evidente l’influenza romana di stampo romantico inserita in un’impostazione ancora storico-accademica. A partire dalla fine degli anni Settanta, nell’ambito del Realismo veristico, ha inizio il suo cosiddetto "periodo veneziano". Le opere realizzate a partire da questo momento, possono considerarsi quelle della sua piena maturità (Cortile veneziano, collezione privata; Le pettegole, collezione privata; Banco del lotto, ubicazione ignota), i cui soggetti sono scorci di campielli o altre invenzioni nelle quali la vita quotidiana è ritratta nel suo svolgersi reale, fedele al “vero”. Grazie ai suoi continui legami con l’entroterra, dove verso la metà degli anni Novanta si ritira definitivamente a vivere (nei luoghi natii, prima, e a San Zenone degli Ezzelini, poi), la stessa attenzione è rivolta a soggetti ambientati nella campagna veneta, sovente interpretati con una riposante visione tra il pastorale e l'aneddotico. A tal proposito, veri capolavori della pittura italiana della fine dell’Ottocento sono Gli emigranti e La pappa al fogo (già Castelfranco Veneto, Banca Popolare, ora alla Banca Popolare di Vicenza); quest’ultimo in modo particolare, concepito per presentarlo alla prima Biennale veneziana, può essere considerato un monumento innalzato alla tradizione "liturgico-rurale" dell’entroterra veneto. Travagliato da problemi famigliari, nel nuovo secolo la sua arte, nonostante le inevitabili influenze dei tempi, prosegue un discorso figurativo ancora di stampo essenzialmente ottocentesco, ravvisabile tanto nelle numerose decorazioni che continua ad eseguire in affresco, quanto nella pittura da cavalletto. Durante tutta la sua carriera, espone opere in molte importanti mostre italiane e straniere (Venezia, Torino, Firenze, Milano, Roma, Verona, Ferrara, Palermo, Sassari, Monaco, Parigi, Berlino, Praga, Chicago, Saint Luis, America Latina, ecc.). Un discreto numero di suoi dipinti ed un cospicuo nucleo di disegni si conservano nella Civica Raccolta Comunale di Castelfranco Veneto.

(da MARCO MONDI, Noè Bordignon, in GIUSEPPE PAVANELLO, La pittura nel Veneto. L'Ottocento (tomo II), Milano, 2003).

Bibliografia: A. DE GUBERNATIS, Dizionario degli artisti italiani viventi, Firenze 1889; U. THIEME, F. BECKER, Allgemeines Lexikon del Bildenden Kunstler…, IV, Leipzig 1910; L. e F. LUCIANI, Dizionario dei pittori dell'800, Milano 1961, pp. 77-78; A.M. COMANDUCCI, Dizionario illustrato dei pittori e incisori italiani moderni, I, Milano 1962; S. MOSCHINI MARCONI, Gallerie dell’Accademia di Venezia – Opere d’arte dei secoli XVII, XVIII, XIX, Roma 1970, p. 192, n. 461; Dizionario Enciclopedico dei Pittori e degli Incisori Italiani, II, Torino 1972-1976; E. BENEZIT, Dictionnaire des Peintres Sculpteurs Dessinateurs et graveurs, 2, Parigi 1976; B. PASSAMANI, L. MAGAGNATO, Il Museo Civico di Bassano del Grappa. Dipinti dal XIV al XX secolo, Venezia, 1978, p. 50; Gli affreschi nelle ville venete: dal Seicento all’Ottocento, Venezia 1978, p. ; Noè Bordignon pittore veneto, cat. a cura di P. RIZZI, mostra itinerante, 1982-1983, Venezia 1982; O. STEFANI, L'arte di Noè Bordignon, Treviso 1986; G. FALOSSI, Venezia – Ottocento pittorico, Milano 1986, pp. 16, 76; Pittori e pittura dell’Ottocento italiano, 6, Novara 1997-1998; Opere della Civica Collezione Museale, cat. a cura di M. MONDI, Castelfranco Veneto, Casa di Giorgione e Galleria del Teatro Accademico, 15 novembre 1997 - 25 gennaio 1998, Dosson di Treviso 1997, pp. 113-132, 223-231, nn. 107-132; Opere della Collezione della Banca Popolare di Castelfranco Veneto, cat. a cura di M. MONDI, Castelfranco Veneto, Galleria del Teatro Accademico, 23 aprile - 9 maggio 1999, Vedelago di Treviso 1999, pp. 44-49, nn. 16-20; M. GUDERZO, Pittura dell’Ottocento e del Novecento, “I cataloghi del Museo Biblioteca Archivio di Bassano del Grappa”, Vicenza 2000, pp. 56, 57, n. 36; Noè Bordignon – Vita e opere, cat. a cura di M. MONDI, in Antiquari ai “Carraresi”, Treviso, Ca’ dei Carraresi, 4 - 12 maggio 2002, Preganziol di Treviso 2002 (m.m.).

(da MARCO MONDI, Noè Bordignon, in GIUSEPPE PAVANELLO, La pittura nel Veneto. L'Ottocento (tomo II), Milano, 2003).

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NOÈ BORDIGNON (Castelfranco Veneto, 1841 – San Zenone degli Ezzelini, 1920), Ragazza con velo bianco, 1878 (datato)

Alla conclusione degli studi all’Accademia di Venezia, Noè Bordignon fu premiato con una borsa di studio governativa per il perfezionamento artistico a Roma. Il viaggio di studio a Roma di Bordignon Noè rappresentò un momento fondamentale non solo di questi suoi primi anni d’attività, ma per la sua intera carriera d’artista. Infatti, in un certo senso come fu per Tiziano, quando tre secoli prima se andò a Roma ospite di papa Paolo III Farnese a “esaurire” la sua cosiddetta “crisi manieristica” per poter finalmente reinventare il colore della pittura veneta, anche per Noè Bordignon questo lungo pensionato di tre o quattro anni a Roma (fino al 1874 – non senza rapporti con la pittura napoletana –, quando lasciò la capitale per passare alcuni mesi a Firenze, in contatto diretto con la pittura dei Macchiaioli ed entrando a far parte dell'Associazione degli Artisti Italiani, nella quale restò iscritto fino alla morte), rappresentò l’occasione di vedere, conoscere e studiare l’arte allora più in voga del Romanticismo italiano, con una particolare attenzione verso Puristi e Nazzareni, e un passato artistico-culturale straordinario, che spaziava dall’antichità per antonomasia al Rinascimento di Michelangelo e Raffaello, dal realismo di Caravaggio al classicismo dei Carracci, di Reni e di Poussin, dal trionfo del Barocco e di Bernini all’ambiente dell'Accademia di Francia e delle schiere dei pensionanti francesi al Prix de Rome, da David a Ingres. Un universo figurativo, insomma, che permise a N. Bordignon di dar sfogo a un apprendimento pittorico dal quale, gradualmente, come fu per il cadorino, ritornerà a sentirsi e a voler essere pienamente veneto, nel colore e nella composizione. Suoi successivi soggiorni a Roma nel corso dell’Ottavo decennio, probabilmente con altre tappe, furono altresì necessari affinché egli potesse esaurire il più possibile ogni retaggio accademico-tradizionalista a vantaggio di un Verismo che andrà a trovare nel colore la sua più genuina espressione veneta. A testimoniare questi soggiorni di Noè Bordignon, sono proprio alcune opere di questi anni. La Sant'Eurosia del santuario di Cendrole di Riese Pio X reca, infatti, la dicitura “Roma 1872”; Lo scherzo, reca sotto la firma la dicitura “Roma”; La mosca cieca è indubbiamente ambientato nella campagna romana come, appunto, con Campagna romana è altresì conosciuto il dipinto; la Civica Raccolta Comunale di Castelfranco, conserva un grande Ritratto di Umberto I re d'Italia che reca la dicitura “Roma 1880”; in collezione privata, si conservano alcuni album di disegni dove esplicitamente si fa riferimento alla capitale, ai suoi quartieri, alle sue chiese e ai suoi monumenti, con tanto di date; nel 1878, inoltre, all’Esposizione dell’Accademia di Belle Arti di Venezia risulta esposta l’opera Contadina in chiesa all’Ara Coeli a Roma. Come ne’ La mosca cieca, eseguito poco prima, il dipinto qui preso in esame, in questa Ragazza con velo bianco, datata 1878, opera davvero straordinaria per qualità e per capacita rappresentativa, si sentono ancora vive queste prime esperienza di studi e viaggi di Noè Bordignon, seppure il dipinto possa considerarsi oramai già totalmente veneto grazie proprio alla forza emotiva che sa suscitare il colore. Si nota, infatti, una graduale decisa volontà di Bordignon Noè di aderire sempre più alle nuove tendenze del Verismo; linguaggio figurativo, questo, in grado di rinvigorire, nel volgere del decennio successivo, non solo la pittura di Bordignon N., ma praticamente tutta quella veneta. Opera del tutto esemplare a tal riguardo, questa, nella quale Noè Bordignon mostra d’aver raggiunto una sua prima vera maturità del tutto moderna e nuova. La minuziosità con cui sono definiti i bei lineamenti dell’effigiata, che fanno trasparire un’indagine psicologica morale e caratteriale, si trasforma negli altri brani del dipinto in una scioltezza del pennellare da vero maestro, dove la luce si fa protagonista come in taluni paesaggi di questo stesso momento di Guglielmo Ciardi, sebbene qui il colore s’accenda di luminismi che hanno la stessa intensità di certe sciabolate materiche di luce che si possono vedere nelle tele del Tintoretto della Scuola Grande di San Rocco o dell’ultimo Tiziano.