Acquisto vendita compro vendo quadri 9 Giorgio Dario Paolucci
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Acquisto vendita compro vendo quadri 7 Giorgio Dario Paolucci
Giorgio Dario Paolucci,
abbandonato il liceo per studiare come autodidatta, sebbene viva a Venezia per
lungo tempo, alternando viaggi in Italia e all'estero studiando le varie etnie,
è a Castelfranco che concentra il suo lavoro e da dove si fa conoscere
internazionalmente; la sua lezione artistica è stata, e lo è tutt'oggi, una
delle più alte e sentite tra quelle che, autoctone o no, la città ha visto nella
prima parte della seconda metà del nostro secolo. La sua forte e sonora
personalità artistica ha rappresentato anche per alcuni pittori locali un
importante punto di riferimento e di partenza, talvolta, spesso, però non
compresa in tutto nella sua portata. La sua attività inizia nel primo
dopoguerra, da principio timidamente, poi in maniera sempre più forte e
schietta, legata strettamente alle più giovani e rappresentative personalità
attive nel cenacolo veneziano; cenacolo di giovani aperto sostanzialmente, e
finalmente, a tutto, vuoi perché essi stessi cercavano direttamente un dialogo
di vasta apertura culturale attraverso contatti proficui e fruttuosi con le più
importanti voci ed esperienze artistiche dell'epoca, vuoi perché la città
continuò come sempre ad essere un richiamo per artisti italiani e stranieri,
grazie anche all'istituzione Biennale. Tra i giovani, allora, vi erano, con
molteplici sfumature e differenze, due principali filoni espressivi: quello dei
"figurativi" e quello degli "astrattisti". Filoni in continuo conflitto, ma che
non potevano prescindere uno dall'esistenza dell'altro. Paolucci fu sempre
fedele al figurativo, anche nelle sue composizioni più allucinate e, la sua
poetica, in continuo contatto e rapporto con la natura. Natura che va intesa nel
senso dell'essere un tutt'uno con l'uomo. Quella natura rurale veneta antica,
atavica, ancestrale, che per secoli l'uomo ha modificato ma, nell'inseparabile
sofferto e sudato rapporto, ha modellato e formato l'uomo stesso. In questo
senso Paolucci coglie uno dei caratteri più profondi e rappresentativi della
civiltà veneta; di quella civiltà veneta che s'è sempre occultata dietro alle
glorie della Serenissima, ma che al raggiungimento di quelle glorie ha
contribuito senza sosta quale parte silenziosa e discreta, impossibile da
scindere da quella che fu, per secoli, la Repubblica veneta. Il rapporto tra
uomo e natura aveva trovato in passato vertici assoluti di armonia, di
equilibrio e di rispetto reciproco scaturiti grazie a quella pax del buon
governo che aveva dato origine, tra le altre cose, al fenomeno unico ed
irripetibile quale fu quello delle ville venete, dell'architettura-natura delle
creazioni del Palladio e dei "palladiani", della solarità e della sontuosità
delle pitture del Veronese e dei "veronesiani", del <<dialogo di villa>>.
L'armonia tra uomo e natura fu uno dei vertici più alti toccati dalla cultura
veneta. Paolucci reagì da subito ai tradizionali accademismi oramai stantii e
decaduti. Percorse con convinzione la strada dell'espressionismo figurativo e
realistico, nel quale sono ravvisabili precisi rimandi alle lezioni dei grandi
maestri storici e di quelli contemporanei; lezioni che gli son servite per dar
vita ad un linguaggio forte, cromaticamente violento, gestualmente talvolta
addirittura offensivo, ma sempre originalmente e personalmente veneto. Perché?
La pittura di Paolucci, come in questo bello ed inquietante dipinto del 1948
ca., descrive il paesaggio non nella mimesi, che è quasi un pretesto, ma nella
sua tradizione storica che va irrimediabilmente ed ineluttabilmente scomparendo.
Le sue opere stanno agli antipodi dei raggiungimenti della grande pittura veneta
del Rinascimento, ma da quelli discendono per via diretta. Sotto sotto, il
linguaggio è lo stesso, traspira lo stesso sentimento, lo stesso amore, solo che
non può più essere come un tempo testimonianza di armonia e di sintonia; il suo
lessico deve adesso per forza di cose testimoniare la crisi profonda di un mondo
in agonia. In questo sta l'espressionismo violento della pittura di Paolucci. La
sua poetica è una denuncia urlata e sofferta di una civiltà in via di
estinzione, di una civiltà veneta dell'entroterra che sopravvive solo in alcuni
aspetti, non in tutti, di un mondo rurale che miracolosamente, come uno spettro,
può ancora essere scoperto incontaminato, genuino; di un mondo che sopravvive
nei lineamenti e nelle espressioni di certi volti scalfiti e modellati dalla
fatica, di certi interni di case e di chiese, di certe "stregonerie" popolari.
Paolucci, in questo senso, è stato e rimane l'unico artista veneto a rivendicare
l'essenza più profonda della nostra cultura legata alla natura in quanto
tutt'uno con essa, nella vera tradizione della natura veneta, ed egli, di nobili
origini, nella sua giovanile violenta e totale ribellione al nuovo conformismo,
si trovò a combattere per la propria terra con lo spirito più nobile ed antico.
Forse, sempre in questo senso, deve essere letto anche il suo ritiro campestre
(ritiro che risale al 1966, dopo la sua ultima partecipazione alla Biennale
veneziana, in cui espose opere che riassumevano i noti "interni" ed "esterni"
della nostra civiltà scomparsa), dove, come un eremita dell'arte chiuso nella
sua roccaforte, ha continuato in silenzio la sua ricerca verso la propria
esperienza di inesauribile perfezione.
(tratto e
modificato da: Marco
Mondi
http://www.museocastelfrancoveneto.tv.it/artisti/183.htm).
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Lo Studio Mondi Dipinti Antichi e Moderni, galleria d’arte ed antiquariato di Castelfranco Veneto, propone in vendita dipinti antichi (del Quattrocento, del Cinquecento, del Seicento, del Settecento – del XV secolo, del XVI secolo, del XVII, secolo, del XVIII secolo – del ‘400, del ‘500, del ‘600, del ‘700) e dipinti moderni (dell’Ottocento – del XIX secolo - dell’800 – fino ai primi decenni del Novecento – del XX secolo - del ‘900) con particolare attenzione per i pittori veneti e, soprattutto, per i pittori veneti legati al territorio di Castelfranco Veneto. Tra questi, artisti come Noè Bordignon, Vittorio Tessari, Romolo Tessari, Bruno Gherri Moro, Luigi Serena, Luigi Cima, Teodoro Wolf Ferrari, Francesco Sartorelli, Giuseppe Vizzotto Alberti, Enrico Vizzotto Alberti, Zaccaria Dal Bò, sono quelli di cui lo Studio Mondi Dipinti Antichi e Moderni principalmente s’interessa. Pur non trattando prevalentemente arte contemporanea, lo Studio Mondi Dipinti Antichi e Moderni acquista e vende anche quadri di pittori contemporanei legati al territorio di Castelfranco Veneto, come, ad esempio, Giorgio Dario Paolucci. Pertanto, cerca e compra opere di Noè Bordignon, Vittorio Tessari, Romolo Tessari, Bruno Gherri Moro, Luigi Serena, Luigi Cima, Teodoro Wolf Ferrari, Francesco Sartorelli, Giuseppe Vizzotto Alberti, Enrico Vizzotto Alberti, Zaccaria Dal Bò, Giorgio Dario Paolucci, oltre, ovviamente a quadri di pittori antichi (del Quattrocento, del Cinquecento, del Seicento, del Settecento – del XV secolo, del XVI secolo, del XVII, secolo, del XVIII secolo – del ‘400, del ‘500, del ‘600, del ‘700) e di pittori moderni (dell’Ottocento – del XIX secolo - dell’800 – fino ai primi decenni del Novecento – del XX secolo - del ‘900).
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Acquisto vendita compro vendo dipinti quadri 10 Noè Bordignon
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Acquisto vendita compro vendo dipinti quadri 32 Giuseppe Vizzotto Alberti
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Acquisto vendita compro vendo dipinti quadri 35 Enrico Vizzotto Alberti
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Acquisto vendita compro vendo dipinti quadri 38 Vittorio Tessari
Acquisto vendita compro vendo dipinti quadri 39 Vittorio Tessari
Acquisto vendita compro vendo dipinti quadri 40 Romolo Tessari
Acquisto vendita compro vendo dipinti quadri 41 Romolo Tessari
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Venezia, subito dopo la Seconda Guerra
Mondiale, rimane uno dei principali centri artistici della penisola dove, a
volte prima che altrove, la nuova generazione di pittori avverte subito la
necessità di adeguare e aggiornare l’arte italiana al clima culturale non più,
oramai, solo europeo, ma mondiale. Le esposizioni della Biennale, con tutte le
sue costanti, immancabili polemiche, continuano ad essere il principale polo
nazionale dove esporre e dove vedere quanto di nuovo s’è fatto in campo
internazionale: il Segretario Generale Rodolfo Pallucchini iniziò, con la
Biennale del 1948 (fino al 1956), una ciclo di mostre che aveva lo scopo di
dare, per la prima volta nel nostro paese, una approfondita panoramica delle
avanguardie storiche europee (e, incredibile a dirsi, la Biennale del 1948 fu la
prima nella quale si esposero opere di Picasso!). Su questo
humus qualitativo straordinariamente
stimolante, si educò tutta una serie di giovani artisti che saranno, da lì a
poco, aprendosi definitivamente all’arte internazionale e allacciando con essa
rapporti sempre più diretti e stretti, alcuni tra i principali protagonisti
dell’arte italiana della seconda metà del XX secolo. Gli anni che contano della
pittura di Giorgio Dario Paolucci sono proprio questi: quelli che vanno dal
primissimo dopoguerra ai primi anni Sessanta; dopo, causa anche il suo
allontanamento da Venezia, non hanno più valore e la sua arte diviene solo una
sorta d’imitazione di se stessa ed inevitabilmente viene a scadere. Paolucci
Giorgio Dario fu, e rimase sempre, un pittore legato al figurativo.
Giorgio Dario Paolucci
lo si può, cioè, collocare in quella schiera di artisti che, a Venezia, portò a
vanti un discorso espressivo parallelo, e altrettanto aggiornato e di qualità,
di quanto fece tutto quel gruppo di artisti che, con esperienze diverse,
intraprese la strada dell’astratto. Una delle principali mancanze della critica
contemporanea è quella di aver indagato e ben approfondito ogni aspetto di
questa seconda schiera di artisti e di aver contemporaneamente pressoché
ignorato le opere del primo gruppo: il risultato è che, di quegli anni
“eccezionali”, si ha una visione solo parziale ed incompleta che aspetta ancora,
e prima o poi qualcuno se ne accorgerà, di essere ripercorsa nella sua
interezza. Anche perché, ed il dipinto di Giorgio Dario Paolucci qui preso in
esame ne è uno straordinario esempio, talvolta gli esiti raggiunti da l’uno e da
l’altro dei due “schieramenti” sono di sorprendente simbiosi. S’è appena detto
che Dario Paolucci
Giorgio
fu un pittore sempre saldamente legato al figurativo; ma
la Venezia (se pure è Venezia?)
raffigurata in quest’opera di pittura “figurativa” è stata talmente distorta
dalla necessità di rendere una visione altamente espressiva ed allucinata del
dato reale, da rasentare l’astratto: per cui, non sembra azzardato, parlare di
“astrattismo” figurativo. Dovrebbe essere, come qualcuno ha suggerito, una
veduta dello squero di San Trovaso, davanti al quale
Giorgio Dario Paolucci
ha abitato; tuttavia, il dato reale della città è stato tradotto sulla tela con
un impeto tanto spinto, aggressivo e graffiante da far vivere all’opera una sua
autonomia compositiva ed una sua autonomia cromatica, allontanandola decisamente
dal dato reale per darne una visione tutta costruita su accordi compositivi che
si reggono da soli, al di là della mimesi. La lettura del dipinto, ci porta a
valutare la composizione dando netta prevalenza all’impeto esecutivo di una
pennellata decisa ed espressiva, che trasmette tutta la “violenza” di un sentire
la materia pittorica per la sua qualità gestuale d’impasto, per la sua capacità
di modellare forme e di generare effetti cromatici tra loro qua accordati e là
contrastanti, ma carichi sempre di un valore luministico, e quindi di vere e
proprie accensioni di luce (anche intese in negativo, nel contrasto improvviso
con gli scuri), che è la vera qualità e la vera forza dell’opera. Inutile
cercare gli stimoli, molteplici, che
Giorgio Dario Paolucci
ha colto forse proprio dalle opere di quelle avanguardie che Pallucchini aveva
presentato alla Biennale: la maturità di
Paolucci
Giorgio Dario
è ormai compiuta in un linguaggio espressivo tutto suo
che, in opere come queste, si presenta come una sorta di stupefacente sintesi, o
momento di passaggio, tra le allucinate visioni delle sue cosiddette
“stregonerie” e la sua pittura di “paesaggio” che è, tutto sommato, in un certo
senso più convenzionale. L’astrazione figurativa a cui è saputo giungere
Giorgio Dario Paolucci,
rappresenta uno dei vertici dell’arte veneziana di quegli anni e non è casuale,
infatti, se la critica ufficiale di quegli anni vedesse in
Giorgio Dario Paolucci
una delle promesse più interessanti del giovane panorama artistico lagunare. E
non sorprende neppure notare come questi risultati trovino riscontro in quelli
raggiunti da altre forti personalità di quest’ambiente artistico, prima fra
tutte, forse proprio quella dell’amico Tancredi, come subito portano a pensare
le invenzioni cromatiche di quella sorta di lampade che illuminano, quasi
fossero degli scoppi d’artificio, la graffiante espressività di questa tela.
G. Dario Paolucci - Per avere informazioni su altre opere di Giorgio Dario Paolucci, contattare la Galleria - Dario Paolucci G. Si acquistano opere di Dario Paolucci Giorgio, dopo averne esaminato preventivamente le foto (Giorgio Dario Paolucci).