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VITTORIO TESSARI (Castelfranco Veneto, 1860 – Mira, 1947), Ai piedi del Grappa, inizi del XX secolo, olio su tela, cm 77 x 52 (non più disponibile).
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VITTORIO TESSARI (Castelfranco Veneto, 1860 – Mira, 1947),
Ai piedi del Grappa,
inizi del XX secolo
Uno
dei problemi maggiori incontrati nell’organizzazione della mostra del 2003 sulle
opere dei fratelli Vittorio e Romolo Tessari, fu la difficoltà nella
ricostruzione delle loro personalità artistiche dovuta proprio all’impossibilità
di poter esporre, e quindi pubblicare in catalogo, opere importanti dei due
pittori (alcune delle quali pur si conoscono grazie a fotografie d’epoca); e
questa difficoltà ci fu soprattutto nella ricostruzione di quella di Vittorio
Tessari, essendo la sua personalità artistica di una statura qualitativa
indubbiamente ben più elevata di quella del fratello Romolo
Tessari.
In quell’occasione, il dipinto di Vittorio Tessari che più poteva, per impegno e
dimensioni, dare un’idea della sua levatura pittorica è probabilmente
Paesaggio con
bambino che pesca
(cfr. Vittorio e Romolo Tessari nella pittura
veneta tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX
secolo, cat. a cura di MARCO
MONDI, Castelfranco Venete, Palazzetto Preti – Galleria del Teatro Accademico,
20 settembre – 23 novembre 2003, Castelfranco Veneto 2003, p. 45, tav. 24).
Ciononostante, pur con la presenza in mostra di opere indubbiamente di alta
qualità, non si è potuto rendere all’artista quel giusto riconoscimento
nell’ambito della pittura veneta a cavallo tra Ottocento e Novecento che, per
valore,
V. Tessari
merita; riconoscimento che, a tutt’oggi, manca ancora, pur dopo aver
rintracciato altri suoi numerosi lavori. E a rendere un’idea chiara di quanto
Tessari Vittorio sia stato artista di primo piano nella pittura dell’epoca è
stato proprio il rinvenimento del dipinto qui preso in esame, certamente la sua
opera più importante tra quelle che finora di lui si conoscono. Vittorio
Tessari,
fratello maggiore di Romolo, frequentò l'Accademia di Belle Arti di Venezia come
allievo di Eugenio de Blass. Diplomandosi nel 1883, divise lo studio di Ca’
Rezzonico in città con l’amico coetaneo Luigi Cima. Eccellente pittore, fu un
artista di successo, come dimostrano le partecipazioni alla Nazionale della
città di Venezia del 1887 (In attesa del
marito, Verso sera,
Ti me ne conti de bele!),
alle Biennali sempre di Venezia del 1895 (Sola
al mondo) e del 1897 (Angosce),
nonché ad altre mostre in Italia (Treviso,
Trieste, Udine, Milano e altre località minori)
e all'estero (Il
conforto all’Esposizione di Pietrogrado del 1902;
La preghiera all’Esposizione di Vienna
del 1914, una versione della quale oggi si conserva nella Quadreria
dell’Ospedale Maggiore di Milano). Fece il ritratto al pittore Placido Fabris
(già esposto nella sala dei “Primitivi” alle R.R. Gallerie di Venezia), allo
scrittore Antonio Fogazzaro, al conte Massimo Grimani e alla Regina Margherita
(già esposto al Palazzo Reale di Venezia).
Tessari V. visse
diversi anni a Venezia e là ebbe uno studio piuttosto attivo, dal quale uscirono
molte delle sue opere più famose. Il 7 maggio 1887, nella città lagunare, sposò
la ricca Maria Solveni, originaria di
Mira.
Vittorio Tessari
ricevette
importanti commissioni, tra cui quella di Carlo VII, Duca di Madrid, e di altri
personaggi. Il 25 novembre 1900 fu nominato Accademico d'Onore della Reale
Accademia di Belle Arti di Venezia. Nel nuovo secolo, Tessari Vittorio fu
incaricato dalla famiglia Camerini d'eseguire un importante ciclo di decorazioni
in affresco per Villa Contarini a Piazzola sul Brenta, costituito dalle pitture
di tre vasti locali: Apollo e le Muse e un riquadro con concertino di putti, entrambi
coronati da un ricco cornicione decorato, per il soffitto della cosiddetta lunga
sala della Chitarra Rovesciata; Diana e
Endimione per il soffitto della sala del Pastorello; e il neobarocco
Banchetto degli Dei per il soffitto
della loggia coperta di sinistra, sotto al quale si snoda un lungo fregio con
figure allegoriche e lo stemma dei Camerini. La pittura
di
V.
Tessari, dagli iniziali accademismi di sapore ancora storico-romantico, si
evolse velocemente verso raffigurazioni di carattere psicologico-sociale, non
lontane da quelle dello stesso
Noè
Bordignon, con connotazioni talvolta fortemente vernacolari e aneddotiche, altre
volte genuinamente veristiche. Sul finire del secolo, e fin quasi allo scoppio
della Prima Guerra Mondiale, l’arte
di
Tessari V.
subì il fascino e l'influenza della pittura simbolista, dov'è riscontrabile
anche, in talune opere, una tenue attenzione nei confronti del Divisionismo.
Vittorio Tessari
eseguì
scenette di genere, ritratti e paesaggi nel gusto più tipico della pittura del
Realismo veneto a cavallo tra il secolo XIX e il secolo XX. Come
Noè
Bordignon, anche Vittorio Tessari non tenne conto delle nuove tendenze
avanguardistiche dell'arte del Novecento che, dopo il 1920, presero piede
ufficialmente anche a Venezia, restando sempre saldamente legato alla tradizione
pittorica di formazione ottocentesca. Verso la metà degli anni Venti, quando
ormai da tempo abitava a Mira, Vittorio Tessari espose in una personale 44 opere
a Castelfranco dove, per il Cimitero Comunale, realizzò pure delle decorazioni
in affresco. Tessari Vittorio
eseguì
diverse pitture per chiese e edifici veneti, soprattutto nel territorio attorno
a Mira. Molti lavori
di
Vittorio Tessari si conservano in diverse raccolte pubbliche (tra cui la Civica
Raccolta Comunale di Castelfranco Veneto) e musei, nonché in numerose collezioni
private di Castelfranco, di Venezia, di Treviso, di Padova, e di molte altre
località. Amico di Francesco Marta, fondatore del Museo Civico di Castelfranco
Veneto, di cui fece il ritratto, Vittorio Tessari s'interessò, inoltre, affinché
il dipinto di Noè Bordignon La mosca cieca, di proprietà delle Gallerie
dell'Accademia di Venezia, fosse dato in deposito al Museo della nostra città,
dove fino a pochi anni fa era conservato. Al di là della qualità esecutiva,
molto alta in entrambe le opere, rispetto al su citato
Paesaggio con bambino che pesca,
tra l’altro all’incirca degli stessi anni, vale a dire databile agli inizi del
XX secolo,
Ai piedi del Grappa
di
Vittorio Tessari si può considerare un
lavoro di maggior interesse, proprio grazie al soggetto raffigurato. Infatti,
mentre la veduta montana col bambino che pesca si può considerare piuttosto
convenzionale nell’ambito della pittura veneta di fine-inizio secolo, Ai
piedi del Grappa, pur nello sfondo paesaggistico dominato dalla mole del
massiccio del Monte Grappa, sviluppa un soggetto che certamente meglio
s’inquadra in una ricerca più impegnata all’interno del Realismo veneto
ottocentesco che si affaccia nel nuovo secolo. La scena è dominata dalla figura
della giovane contadinella intenta in un lavoro di semplice, significativa
quotidianità domestica: l’attingere l’acqua da una fonte. China accanto alla
fonte reggendo con una mano uno dei due secchi di rame, la raffigurazione si
presenta anche come uno straordinario, e raro, documento di valore storico,
dov’è testimoniato un lavoro, che doveva ripetersi più volte nel corso di una
giornata, che oggi è completamente scomparso e del quale quasi s’è persa
addirittura la memoria. In questa narrazione, inoltre, vi sono testimonianze che
si possono definire pure “tecniche”, nel senso che mostrano, al di là di come
s’usava un tempo trasportare le secchie di rame piene d’acqua, la singolarità di
un fonte nella quale il getto s’innalza s’un palo, cade su un primo grande tino,
del tutto simile a quelle usati per pigiare l’uva, per poi riversarsi nel
secondo tino, un po’ più piccolo, prima di scorrere via in un ruscello
artificiale che va giù a valle. Con ogni probabilità, la soluzione di far
passare l’acqua in due tini aveva lo scopo di purificarla dalle impurità, che
così andavano a posarsi sul fondo, garantendone una maggiore qualità. Poiché,
poi, ci troviamo di fronte ad una scena vera di vita quotidiana, vien da
chiedersi dove si potesse localizzare quella fonte, considerando che il Monte
Grappa sullo sfondo lo si vede da una prospettiva simile a quella con la quale
lo si vede anche da Castelfranco. Tutto questo ci testimonia di una pittura di
Realismo veneto che si fa anche, come poco sopra si diceva, straordinaria
testimonianza storica. Ed è sulla base di un soggetto così raffigurato che
Vittorio Tessari ci apre lo sguardo su una
“finestra” rivolta all’Ottocento, che ci
racconta di una vita quotidiana piena di un’umanità, di un vivere in armonia con
e nella natura in un modo che oggi abbiamo perso o, per lo meno, che la gran
parte di noi oggi ha perso.
Con quella che sembra una sorprendente facilità di
dipingere grazie a un pennello che si muove con sicurezza sulla tela e che
tradisce un profondo amore per quello che sta ritraendo, Tessari
Vittorio dà prova di saper rappresentare un istante reale
della quotidianità del suo mondo senza mai tradirsi alzando la voce verso un
linguaggio figurativo retorico o di messa in scena teatrale che vuol
rappresentare il vero fingendo la realtà (come molti suoi colleghi, anche ben
più famosi, talvolta usavano fare). La sincerità della pittura
di
V.
Tessari
ci parla con un idioma autentico e schietto, senza sofismi d’alcun genere.
L’architettura compositiva semplice, si svolge seguendo un ritmo zig-zagato che
dal primo piano di erba, terra e sassi, ci conduce, per incroci di diagonali,
alla scenetta realistica e credibile della contadinella alla fonte, dietro la
quale il sentiero ci porta alla mole del Grappa, che si staglia massiccia sotto
un cielo azzurro e terso, appena solcato da diafane e fuggenti nuvole
biancastre. Il pennello
di
Tessari
V.
rallenta nel dipingere con minuziosità descrittiva e
fedele la contadinella, i suoi lineamenti, il suo atteggiarsi, per farsi poi un
po’ più rapida nei tini e nella fonte e risolversi, infine, con un tratto
compendiario, vibrante e mosso, il quale, come nel primo piano più ravvicinato o
nella vegetazione al di là della fonte, trova talvolta assonanze con spunti
impressionistici, quando in realtà, però, non è altro che il modo di dipingere
con pennellate di colore-luce, che è la caratteristica prima della pittura
veneta da Giorgione in poi. Ed è, infatti, proprio il colore che si fa luce a
farsi il vero protagonista della composizione, raggiungendo una limpidezza
luminosa quasi cristallina, di significativa reminiscenza belliniana e di
singolare assonanza con quella di un altro pittore veneto, più o meno coetaneo
di Vittorio Tessari, quale è Pietro Pajetta. In questa raggiunta luce solare,
dove i contrasti coloristici più o meno marcati esaltano la valenza là timbrica
e qua tonale del colore, vero fulcro compositivo dell’architettura cromatica del
dipinto si fa il copricapo rosso della contadinella che, con modo tipico veneto,
misura il grado d’intensità luminosa di ogni singola parte dell’opera, rendendo
tutta la raffigurazione ancora più credibile e realistica.
Specializzazione: lo Studio Mondi Dipinti Antichi e Moderni espone in permanenza dipinti antichi e moderni. Effettua compravendite, consulenze, ricerche, stime e perizie. Esegue testi storico critici, organizza e cura mostre e catalogazioni per conto di privati, Pubbliche Istituzioni, Associazioni Culturali ed Enti Pubblici e Privati.
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