Acquisto vendita compro vendo quadri 8 Giorgio Dario Paolucci
GIORGIO DARIO PAOLUCCI (Venezia, 1926 - Asolo, 2019),
Testa, 1956, olio su tavola,
cm. 40 x 30
(opera non più disponibile).
STUDIO
MONDI
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Acquisto vendita compro vendo quadri 8 Giorgio Dario Paolucci
Giorgio Dario Paolucci,
abbandonato il liceo per studiare come autodidatta, sebbene viva a Venezia per
lungo tempo, alternando viaggi in Italia e all'estero studiando le varie etnie,
è a Castelfranco che concentra il suo lavoro e da dove si fa conoscere
internazionalmente; la sua lezione artistica è stata, e lo è tutt'oggi, una
delle più alte e sentite tra quelle che, autoctone o no, la città ha visto nella
prima parte della seconda metà del nostro secolo. La sua forte e sonora
personalità artistica ha rappresentato anche per alcuni pittori locali un
importante punto di riferimento e di partenza, talvolta, spesso, però non
compresa in tutto nella sua portata. La sua attività inizia nel primo
dopoguerra, da principio timidamente, poi in maniera sempre più forte e
schietta, legata strettamente alle più giovani e rappresentative personalità
attive nel cenacolo veneziano; cenacolo di giovani aperto sostanzialmente, e
finalmente, a tutto, vuoi perché essi stessi cercavano direttamente un dialogo
di vasta apertura culturale attraverso contatti proficui e fruttuosi con le più
importanti voci ed esperienze artistiche dell'epoca, vuoi perché la città
continuò come sempre ad essere un richiamo per artisti italiani e stranieri,
grazie anche all'istituzione Biennale. Tra i giovani, allora, vi erano, con
molteplici sfumature e differenze, due principali filoni espressivi: quello dei
"figurativi" e quello degli "astrattisti". Filoni in continuo conflitto, ma che
non potevano prescindere uno dall'esistenza dell'altro. Paolucci fu sempre
fedele al figurativo, anche nelle sue composizioni più allucinate e, la sua
poetica, in continuo contatto e rapporto con la natura. Natura che va intesa nel
senso dell'essere un tutt'uno con l'uomo. Quella natura rurale veneta antica,
atavica, ancestrale, che per secoli l'uomo ha modificato ma, nell'inseparabile
sofferto e sudato rapporto, ha modellato e formato l'uomo stesso. In questo
senso Paolucci coglie uno dei caratteri più profondi e rappresentativi della
civiltà veneta; di quella civiltà veneta che s'è sempre occultata dietro alle
glorie della Serenissima, ma che al raggiungimento di quelle glorie ha
contribuito senza sosta quale parte silenziosa e discreta, impossibile da
scindere da quella che fu, per secoli, la Repubblica veneta. Il rapporto tra
uomo e natura aveva trovato in passato vertici assoluti di armonia, di
equilibrio e di rispetto reciproco scaturiti grazie a quella pax del buon
governo che aveva dato origine, tra le altre cose, al fenomeno unico ed
irripetibile quale fu quello delle ville venete, dell'architettura-natura delle
creazioni del Palladio e dei "palladiani", della solarità e della sontuosità
delle pitture del Veronese e dei "veronesiani", del <<dialogo di villa>>.
L'armonia tra uomo e natura fu uno dei vertici più alti toccati dalla cultura
veneta. Paolucci reagì da subito ai tradizionali accademismi oramai stantii e
decaduti. Percorse con convinzione la strada dell'espressionismo figurativo e
realistico, nel quale sono ravvisabili precisi rimandi alle lezioni dei grandi
maestri storici e di quelli contemporanei; lezioni che gli son servite per dar
vita ad un linguaggio forte, cromaticamente violento, gestualmente talvolta
addirittura offensivo, ma sempre originalmente e personalmente veneto. Perché?
La pittura di Paolucci, come in questo bello ed inquietante dipinto del 1948
ca., descrive il paesaggio non nella mimesi, che è quasi un pretesto, ma nella
sua tradizione storica che va irrimediabilmente ed ineluttabilmente scomparendo.
Le sue opere stanno agli antipodi dei raggiungimenti della grande pittura veneta
del Rinascimento, ma da quelli discendono per via diretta. Sotto sotto, il
linguaggio è lo stesso, traspira lo stesso sentimento, lo stesso amore, solo che
non può più essere come un tempo testimonianza di armonia e di sintonia; il suo
lessico deve adesso per forza di cose testimoniare la crisi profonda di un mondo
in agonia. In questo sta l'espressionismo violento della pittura di Paolucci. La
sua poetica è una denuncia urlata e sofferta di una civiltà in via di
estinzione, di una civiltà veneta dell'entroterra che sopravvive solo in alcuni
aspetti, non in tutti, di un mondo rurale che miracolosamente, come uno spettro,
può ancora essere scoperto incontaminato, genuino; di un mondo che sopravvive
nei lineamenti e nelle espressioni di certi volti scalfiti e modellati dalla
fatica, di certi interni di case e di chiese, di certe "stregonerie" popolari.
Paolucci, in questo senso, è stato e rimane l'unico artista veneto a rivendicare
l'essenza più profonda della nostra cultura legata alla natura in quanto
tutt'uno con essa, nella vera tradizione della natura veneta, ed egli, di nobili
origini, nella sua giovanile violenta e totale ribellione al nuovo conformismo,
si trovò a combattere per la propria terra con lo spirito più nobile ed antico.
Forse, sempre in questo senso, deve essere letto anche il suo ritiro campestre
(ritiro che risale al 1966, dopo la sua ultima partecipazione alla Biennale
veneziana, in cui espose opere che riassumevano i noti "interni" ed "esterni"
della nostra civiltà scomparsa), dove, come un eremita dell'arte chiuso nella
sua roccaforte, ha continuato in silenzio la sua ricerca verso la propria
esperienza di inesauribile perfezione.
(tratto e
modificato da: Marco
Mondi
http://www.museocastelfrancoveneto.tv.it/artisti/183.htm).
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Lo Studio Mondi Dipinti Antichi e Moderni, galleria d’arte ed antiquariato di Castelfranco Veneto, propone in vendita dipinti antichi (del Quattrocento, del Cinquecento, del Seicento, del Settecento – del XV secolo, del XVI secolo, del XVII, secolo, del XVIII secolo – del ‘400, del ‘500, del ‘600, del ‘700) e dipinti moderni (dell’Ottocento – del XIX secolo - dell’800 – fino ai primi decenni del Novecento – del XX secolo - del ‘900) con particolare attenzione per i pittori veneti e, soprattutto, per i pittori veneti legati al territorio di Castelfranco Veneto. Tra questi, artisti come Noè Bordignon, Vittorio Tessari, Romolo Tessari, Bruno Gherri Moro, Luigi Serena, Luigi Cima, Teodoro Wolf Ferrari, Francesco Sartorelli, Giuseppe Vizzotto Alberti, Enrico Vizzotto Alberti, Zaccaria Dal Bò, sono quelli di cui lo Studio Mondi Dipinti Antichi e Moderni principalmente s’interessa. Pur non trattando prevalentemente arte contemporanea, lo Studio Mondi Dipinti Antichi e Moderni acquista e vende anche quadri di pittori contemporanei legati al territorio di Castelfranco Veneto, come, ad esempio, Giorgio Dario Paolucci. Pertanto, cerca e compra opere di Noè Bordignon, Vittorio Tessari, Romolo Tessari, Bruno Gherri Moro, Luigi Serena, Luigi Cima, Teodoro Wolf Ferrari, Francesco Sartorelli, Giuseppe Vizzotto Alberti, Enrico Vizzotto Alberti, Zaccaria Dal Bò, Giorgio Dario Paolucci, oltre, ovviamente a quadri di pittori antichi (del Quattrocento, del Cinquecento, del Seicento, del Settecento – del XV secolo, del XVI secolo, del XVII, secolo, del XVIII secolo – del ‘400, del ‘500, del ‘600, del ‘700) e di pittori moderni (dell’Ottocento – del XIX secolo - dell’800 – fino ai primi decenni del Novecento – del XX secolo - del ‘900).
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Acquisto vendita compro vendo dipinti quadri 6 Luigi Serena
Acquisto vendita compro vendo dipinti quadri 7 Giorgio Dario Paolucci
Acquisto vendita compro vendo dipinti quadri 8 Giorgio Dario Paolucci
Acquisto vendita compro vendo dipinti quadri 9 Giorgio Dario Paolucci
Acquisto vendita compro vendo dipinti quadri 10 Noè Bordignon
Acquisto vendita compro vendo dipinti quadri 11 Noè Bordignon
Acquisto vendita compro vendo dipinti quadro 12 Noè Bordignon
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Acquisto vendita compro vendo dipinti quadri 14 Teodoro Wolf Ferrari
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Acquisto vendita compro vendo dipinti quadri 32 Giuseppe Vizzotto Alberti
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Acquisto vendita compro vendo dipinti quadri 35 Enrico Vizzotto Alberti
Acquisto vendita compro vendo dipinti quadri 36 Enrico Vizzotto Alberti
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Acquisto vendita compro vendo dipinti quadri 38 Vittorio Tessari
Acquisto vendita compro vendo dipinti quadri 39 Vittorio Tessari
Acquisto vendita compro vendo dipinti quadri 40 Romolo Tessari
Acquisto vendita compro vendo dipinti quadri 41 Romolo Tessari
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Proveniente da un’importante collezione
privata veneziana, questa forte opera di Giorgio Dario Paolucci raffigurante una
figura maschile colta frontalmente a mezzo busto, è stata eseguita negli anni in
cui la critica, concordemente, riconosce il momento artistico di maggior vigore
del pittore: sul verso l’opera reca la data del 1956. Sono gli anni in cui a
Venezia, nell’intensa ripresa artistico-culturale del secondo dopoguerra, la
ricerca figurativa, rincorrendo nuove strade, innovative e rivoluzionarie
(almeno per l’arte italiana), faceva al contempo una profonda analisi di quanto
di più contemporaneo ed attuale era successo in Italia e all’estero nei decenni
della prima metà del XX secolo. Paolucci Giorgio Dario, a pieno diritto,
percorre il suo iter figurativo nella
ricerca di un proprio linguaggio artistico, in questo momento già pienamente
raggiunto con connotazioni stilistiche tutte sue, ponderando con acuta analisi
esperienze figurative straniere ed italiane, venete in modo particolare. Ne è un
importante esempio anche questo dipinto di
Giorgio Dario Paolucci, la cui forte valenza
espressionistica pare suggestionata dalle avanguardie tedesche e francesi che
all’inizio del secolo volevano reagire tanto alla cultura dell’Impressionismo,
ritenuto troppo convenzionale e “naturalistico” poiché il moto artistico
continuava a procedere dall’esterno all’interno, colpendo la sensibilità emotiva
interiore del pittore che cercava ancora di rendere sulla tela una sorta di
mimesi del dato esteriore, quanto allo stesso Cubismo, ritenuto troppo razionale
e quindi ancora inserito nell’orbita “classicistica” di un ciclo culturale che,
in Occidente, era iniziato col Rinascimento. E in questo senso,
G. Dario Paolucci,
in questa tavoletta, compreso e assimilato quanto era successo in arte di
veramente importante nel Novecento europeo, mostra di voler rompere con una
tradizione che pure era stata rivoluzionaria ma che ora, in anni in cui il
realismo tornava a far sentire alta la sua voce, non era più sufficiente, in
quanto egli riteneva che l’arte doveva imporsi, anche pur in modo violento,
nella realtà sociale dei suoi tempi, dando non più “mimesi” ma modelli su cui
era possibile un’analisi espressiva della propria contemporaneità, che non
doveva per forza essere solo quella cittadina: in altre parole,
Paolucci
Giorgio Dario
tenta quel difficile passo, che accumunava tanta arte del
Novecento, per mezzo del quale il moto artistico partendo da dentro vuole
affermare la propria “realtà”, una realtà nuova in grado non solo di reagire ma
soprattutto di agire sulla realtà esteriore della società.
G. Dario Paolucci
lo fa rimanendo saldamente nel figurativo, al contrario di tanti suoi amici
pittori, che tentano la strada, in questo senso più facile, dell’astrazione per
liberare l’arte dal contenuto a vantaggio della forma.
G. D. Paolucci
non vuol rinunciare completamente al contenuto, perché è convinto che pure esso
possa contribuire ad una più immediata e diretta imposizione della propria
poetica. In un certo senso, quindi,
Giorgio Dario Paolucci
percorre una strada più difficile, poiché rimanendo nel figurativo, il contenuto
è sempre là, presente: il dipinto in questa sede esaminato raffigura la testa di
un uomo, forse un contadino del suo amato entroterra veneto, e questo dato è un
dato “oggettivo”, un dato oggettivo di contenuto. Il volto è descritto con
particolarità fisionomiche sufficienti ad identificare di certo l’effigiato;
anzi, nei lineamenti duri e scavati, negli occhi bonari e sinceri,
nell’incarnato abbronzato dal sole, si percepisce addirittura la personalità
emotivo-psicologica dell’effigiato, fin quasi ad intuirne l’attività lavorativa,
esplicata probabilmente con lunghe ore di duro lavoro nei campi. Tutto ciò, non
sarebbe stato possibile esprimerlo completamente se
Giorgio Dario Paolucci
avesse rinunciato al figurativo; anzi, è proprio la soluzione del figurativo che
gli permette d’esaltare la sua poetica e la sua visione artistica. Fatti suoi
tanti insegnamenti, compreso quello di Gino Rossi, le cui sinuose linee
descrittive sembrano filtrare riconoscibili in quest’opera, ma liberate da ogni
valenza simbolica per ricondurle in una virile direzione realistico-espressiva,
cruda e violenta,
Giorgio Dario Paolucci costruisce le basi
compositive dell’opera fondandole sul soggetto da rappresentare e, senza mai
rinunciare ad esso, senza mai rinunciare al soggetto figurativamente
identificabile, cioè al contenuto, tenta di dimostrare che ci si può muovere
comunque con la massima libertà espressiva anche dal punto di visto formale,
senza cedere all’estetismo di una “letteratura” pittorica e, soprattutto, senza
cadere nel simbolo (almeno in lavori come questi). In questa direzione,
Paolucci
Giorgio Dario
sembra allora tentare di costruire la figurazione per
armonie e contrasti di pennellate-linee e pennellate-masse cromatiche, tentando
di togliere alla materia la profondità volumetrica per dare una visione quasi
bidimensionale e formalmente gestuale, che meglio può rendere la cruda realtà
della rappresentazione. In questo ed in altri dipinti,
Giorgio Dario Paolucci
cerca di giungere ad un’alta sintesi di contenuto e di forma, ben consapevole
che il “fatto” pittorico, per tanta arte di quegli anni, non è un problema
principalmente di contenuto, ma è un problema essenzialmente di forma: giungere,
cioè, a soluzioni formali analoghe a quelle raggiunte dagli amici coetanei
“astrattisti”, ma rimanendo in ambito figurativo. Dispiace davvero, allora, che
ad un certo punto della sua intensa attività pittorica
Giorgio Dario Paolucci,
abbandonando Venezia per Asolo, abbia gradualmente rinunciato a quelle ricerche
che, negli anni Cinquanta, erano viste da tanta critica con grande interesse e
facevano di lui una delle promesse più interessanti del panorama artistico
veneto alla metà del secolo. E spiace più ancora poiché
Giorgio Dario Paolucci
avrebbe potuto continuare ad essere, come lo è stato in quegli anni, una tra le
voci più alte di una figurazione espressiva veneta in grado di evolversi al
fianco di quel gruppo di “astrattisti-spazialisti” con tutta autonomia: una
autonomia che ancora oggi soffre di comprensione critica, ma che è stata, in
questa dicotomia espressiva veneto-italiana degli anni Cinquanta e Sessanta,
l’altra importante faccia.
G. Dario Paolucci - Per avere informazioni su altre opere di Giorgio Dario Paolucci, contattare la Galleria - Dario Paolucci G. Si acquistano opere di Dario Paolucci Giorgio, dopo averne esaminato preventivamente le foto (Giorgio Dario Paolucci).